L’aggressività nei servizi comunitari – 3

Prima di affrontare una teoria sull’apprendimento sociale dell’aggressività, vorrei portare l’attenzione su alcuni elementi che la elicitano, la rinforzano o la innescano.
Berkowitz sostiene che l’elemento base che innesca la modalità aggressiva non stia tanto nella frustrazione in sé, quanto nella stimolazione avversiva o sgradevole, sia come aspettativa disattesa, sia come reazione emotiva violenta, sia come vero e proprio dolore fisico.
Gli studi sull’influenza delle temperature elevate (inteso come microclima e non come “febbre”), odori sgradevoli, rumori eccessivi, fumo di sigaretta, ecc. aumentano l’irritabilità e si sono rivelati capaci di incrementare l’ostilità. Anche la deprivazione di sonno e di riposo, la stanchezza fisica, le posizioni “scomode” mantenute a lungo, la fame e la sete inducono più facilmente ad attacchi e aggressioni.

L’operatore tenga presente quindi alcune regolette per un quarto passo:

  1. in situazioni in cui si percepisce uno stato di alterazione emotiva di rabbia, si considerino gli aspetti che abbiamo sopra evidenziato prima di procedere ad un intervento educativo, ovvero il setting deve essere adeguato e la persona in condizione di potersi concentrare sulla parola;
  2. si consideri di ridurre lo stress causato dagli elementi elicitatori prima di pensare di poter intervenire per riportare la calma.

Vedremo meglio a breve cosa occorre considerare ulteriormente.
Le sollecitazioni fisiche e gli stati di eccitazione tendono ad aumentare la percezione di comportamenti altrui come provocazioni e a scatenare sentimenti di rabbia; a questi si aggiunga che alcuni stimoli visivi possono funzionare da innesco per atti violenti. Ne sono un esempio alcuni studi in cui la visione di armi (da fuoco e da taglio) sono percepiti come atti a recare offesa (e non come elementi ludici-ricreativi): così un fucile è capace di stimolare violenza in persone che lo percepiscono come arma, ma non in quelle che lo utilizzano per il tiro al piattello.
I terroristi di matrice islamico-fondamentalista non a caso hanno utilizzato e utilizzano filmati che inneggiano alla violenza mettendo in mostra armi da fuoco a fianco di chi parla. Pistole e fucili in particolare hanno l’effetto di introdurre un senso di distanza psicologica tra aggressore e aggredito; l’utilizzo di armi bianche (come per gli orribili filmati di sgozzamento che hanno sconvolto l’opinione pubblica occidentale) elicitano l’idea di disprezzo e disumanizzazione dell’aggredito.

Tornando alla nostra riflessione, si consideri come la presenza di oggetti che possono essere percepiti come offensivi dovrebbero essere evitati in contesti comunitari residenziali in cui si possono più frequentemente sviluppare crisi di aggressività.
Non solo. Immagini di violenza, film cruenti, pornografia, spettacoli sadici presentano la medesima capacità di rendere più tollerabile e “familiare” la violenza. Non che da soli siano in grado di generarla, piuttosto funzionano da amplificatore.
V’è certamente anche l’influenza della televisione, dei fumetti e, per i più giovani, dei videogiochi a matrice violenta che hanno effetti sull’organizzazione del pensiero.
Se questo è valido per i soggetti capaci di operare su di sé un buon controllo, a maggior ragione occorre vigilare per persone minori e con insufficienza intellettiva o ritardo.
Se non vi è dubbio che nessun genitore capace esporrebbe il proprio figlio minore a spettacoli pornografici o violenti, il problema si pone per gli adulti insufficienti: la teoria che i soggetti con disabilità psichica siano pur sempre degli adulti e, come tali, in diritto di scegliersi spettacoli, giochi, letture, pare essere buona sotto l’aspetto del politicamente corretto, ma sbagliata sul piano della valutazione delle strategie educative.

Si obietterà che l’adulto disabile intellettivo non è un minore: ma siamo sempre certi delle capacità di discernimento e di controllo che alcuni di essi possiedono? Non siamo forse in una zona “pedagogica” in cui deve valere il principio di “protezione” all’esposizione di elementi dannosi e svilenti?

Personalmente credo che nelle comunità per persone disabili adulte con insufficienza mentale debbano valere delle regole:
1. non possono essere accolte richieste di possedere armi;
2. non si possano vedere programmi televisivi eccessivamente violenti (ma cos’è eccessivo?);
3. non si possano ammettere visioni erotiche a sfondo violento (sado-masochismo), neppure come visione “privata-personale”.

Dell’evidenza che non si possa permettere:
4. un utilizzo smodato di alcool e superalcolici;
5. droghe (di qualsiasi genere)
abbiamo già detto.

Queste sono regole di setting che agiscono in via preventiva!

Resta da porre un’ulteriore attenzione:
quando la rabbia è già attivata…la presenza del gruppo può diventare uno strumento di amplificazione e, i comportamenti di quest’ultimo, possono essere scambiati per provocazioni.
In questa fase sembra poco proficuo per l’operatore ribadire i concetti base di buona convivenza: occorre lasciare “stemperare” la parte emotiva e rimandare ad una fase successiva la “ripresa”.
La rabbia rende “sordi e ciechi”: inutile insistere fino a quando è lei padrona delle emozioni.

Si aspetti il tempo “giusto”: l’operatore non è chiamato in questo momento a ribadire il suo ruolo di monitore, ma solo ad evitare il male ed il peggio.

 

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