L’ aggressivita nei servizi comunitari – 5

Una strategia pensata per “liberarsi” dall’aggressività è stata sostenuta da alcuni terapeuti che hanno teorizzato un funzionamento dell’ira per “accumulo”. Secondo questa prospettiva si potrebbe sostenere che l’aggressività venga immagazzinata secondo un modello “a pentola a pressione”:l’accumularsi di sentimenti negativi ha l’effetto di incrementare il livello di tensione interno. Le persone sono quindi invitate a “liberarsi” dalla pressione accumulata indirizzando la propria ira verso oggetti esterni. Il principio è quello “catartico” di ispirazione aristotelica, secondo cui occorre ridurre la pressione interna, così come si farebbe da un punto di vista idraulico per preservare una diga da un invaso troppo colmo.
Questa teoria “idraulica” è stata sottoposta a disegni sperimentali che ne hanno decretato la totale insussistenza: anzi! Alcuni sperimentatori hanno evidenziato come il ricorrere ad un’attività aggressiva indirizzata verso oggetti, lungi dal depotenziare i sentimenti di ira, spesso è causa di comportamenti ancora più intensamente aggressivi.
L’indagine del 1975 di Ebbensen & coll. studiò alcuni dipendenti di un’azienda dopo che era stata comunicata loro la sospensione dal lavoro. Ai soggetti venne offerta la possibilità di esprimere ostilità nei confronti dei superiori. Successivamente venne loro sottoposto un questionario per la misurazione dei loro atteggiamenti verso l’azienda. Ci si sarebbe aspettato una diminuzione dell’avversità, ma avvenne il contrario.

La “rimuginazione mentale” e il lamentarsi continuamente hanno la funzione di incrementare la rabbia: si arriva ad essere  maggiormente aggressivi grazie all’esercizio metodico!
L’espressione popolare che stigmatizza la situazione con il “versare benzina sul fuoco”, dà una buona immagine di quanto stiamo sostenendo.
Lo sanno bene gli operatori sociali che sono chiamati ad intervenire per ridurre e sedare i conflitti: in primis occorre riportare alla calma. Non ha senso alcuno prendere le parti per ristabilire le ragioni degli uni e degli altri nell’imminenza dello stato di irosità dei presenti.

Occorre ristabilire quindi uno spazio/tempo che funga da “cuscinetto” e che deve avere lo scopo di lasciar stemperare gli animi eccitati (meglio se questo tempo è orientato a fare altro per distrarre dalla rimuginazione): di questo abbiamo già detto nell’articolo precedente accennando al significato del costruire un “ring vuoto”.

Ora ti calmi e poi ne parliamo“,
dobbiamo fare altro, ci ritorniamo su dopo“,
sono frasi per un intervento in emergenza educativa che possono essere spese per la costruzione di un clima successivo più favorevole.

Se è vero che il comportamento aggressivo si apprende, dovremmo anche essere nelle condizioni di insegnare anche a controllarlo.
Le sperimentazioni mostrano che il rinforzo positivo dei comportamenti non violenti, unito all’ignorare il comportamento violento, è più efficace che punire tout-court: la pena rilevante, immediata e certa, deve essere combinata alle ricompense per il comportamento desiderato.
Ma si faccia attenzione: sono da bandire le punizioni di tipo fisico e quelle coercitive.

Oltre che per motivi di carattere etico, per le prime anche a causa della propagazione del modello che si intende combattere; per le seconde perché è stato dimostrato che il fare le cose sotto coercizione non fa interiorizzare i comportamenti ed esaspera invece il senso di frustrazione.

Come intervenire dunque?

Il modello da preferire è quindi quello di ricompensare positivamente i comportamenti desiderati (prospettiva comportamentista), di mostrare connessioni che spiegano quanto avviene (prospettiva cognitivista), di evidenziare il guadagno di una migliore immagine di sé privata e sociale (prospettiva umanistica).

Concludendo mi pare importante che gli educatori rivolgano la loro attenzione a potenziare gli interventi con modalità assertive ed enunciati a validità positiva, capaci di incitare e di evidenziare il successo:

non “se non ti calmi non potrai vedere la TV“,
piuttosto “quando ti sarai calmato potrai vedere la TV“.

La cosa non cambia dal punto di vista degli effetti, ma la punteggiatura incita a progredire nell’atteggiamento positivo, evitando la disperazione offerta dal pensiero paralizzante che
se non ce la farò non avrò possibilità alcuna di ottenere ciò che desidero“.

 

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