Punteggiature e discorsi: quando l’educando si innamora dell’educatore – 2

Alcuni punti nodali si pongono come elementi fondanti il discorso educativo, che è essenzialmente “relazione”. Sulle modalità, in cui questa si sviluppa, ho già detto  in precedenza quali credo siano le regole fondamentali.
Occorre tuttavia porre l’attenzione anche ad aspetti che potrebbero scivolare sullo sfondo. Uno di questi è legato agli effetti della comunicazione di “rifiuto” dell’esclusività del rapporto di amore. Non basta infatti dire “non possiamo essere amanti per questo o per quest’altro motivo…”, ma occorre “preoccuparsi” dell’effetto che la comunicazione dà sull’educando innamorato. Non è infatti un “problema da risolvere” per l’educatore (che teme di sentirsi causa dello stare bene o male dell’educando), quanto piuttosto un percorso che dalla “sofferenza” di chi sente rifiutato l’affetto provato, riempia di valore l’esperienza dell’amare.

Spiego meglio.
Il sentire rifiutato l’affetto che una persona prova ha una serie di effetti: il primo è certamente quello di non “sentirsi all’altezza” del desiderio e dell’aspettative dell’amato/a. Ci si sente incompleti, meglio “mancanti” di ciò che non si può/riesce dare, forse per la natura “insufficiente” di chi ama. Il rischio è una spirale depressiva, in cui la sofferenza del rifiuto diventi certezza di un minor valore di Sè.
In adolescenza sarà capitato a tutti di soffrire di pene per un amore non ricambiato, in cui si ha avuto motivo di credere che la nostra condizione era causa del rifiuto stesso. Per un adulto disabile questa è una motivazione standard, che “vale” (e si impara!) per le mille cose che gli altri fanno e che egli non può fare….”non abile” anche nell’amare, verrebbe da dire. La domanda su di sé diventa scontata : “se non ho valore per l’altro, alla fine può essere vero che non ho valore in sé”
Il rischio di una spirale depressiva è scontato.

Un secondo è legato al tema della “concorrenza”, ovvero del venire a confronto con qualcun altro in cui il rischio di “perdere” è altissimo, già a cagione del fatto che si parte in svantaggio dall’inizio. Qualcuno di più significativo, di più vicino, di più importante, ancora una volta rende meno “speciale” il rapporto. Qui il pensiero si avvolge sul tema del “voler bene per contratto”, come dire “mi vuoi bene, stai con me, mi aiuti solo perché sei pagato per farlo”. Il rapporto viene sminuito ad una negoziazione, in cui il potere è nel denaro (visto che generalmente non vi è molto altro di appetibile). Moretti sottolinea come questo processo di reificazione sia già una tentazione forte per gli operatori in burn-out: mi viene da credere che possa diventare una tentazione anche per il soggetto disabile che possa pretendere così ciò che non riesce ad ottenere per le proprie peculiarità.
Per questo motivo non mi pare saggio fornire risposte che lasciano sottintendere, o che esprimono, un impegno con un’altra persona, sia futuro che pregresso: non mi pare un argomento convincente!
Perché anzitutto ciò significa che in condizioni adeguate si potrebbe ottenere una risposta positiva (se ho le caratteriste che piacciono, o le guadagnerò, non ci sarà più alcun motivo ostativo alla relazione da innamorati); poi perché le cose potrebbero anche deteriorarsi per il concorrente (quindi vale la pena aspettare!) e senza rivale si può sperare in un cambiamento di opinione.
Non è da escludere infine la convivenza di sentimenti per due persone diverse.
All’inizio di carriera professionale, il mio supervisore era solito raccontare come un collega psicologo aveva seguito un drammatico caso di una ragazza rimasta paralizzata in un incidente stradale. Dopo una terapia basata sull’accettazione del nuovo stato che la vedeva immobilizzata alle gambe, in cui la ragazza aveva elaborato maggiore sicurezza di sé e fiducia verso il futuro, un giorno il professionista aveva raccolto una dichiarazione di amore dalla paziente. Non sapendo bene cosa rispondere, aveva dichiarato di avere già un mezzo impegno affettivo con un’altra persona. La paziente aveva risposto che andava bene comunque: avrebbe preteso solo l’altra metà dell’impegno.
Non so dire se si fosse trattato di una storiella a sfondo formativo o se raccontasse un fatto accaduto. Ma la morale mi è sempre sembrata chiara: argomento da non utilizzare.
Restano solo quindi le motivazioni legate al ruolo, le uniche (che mi vengono in mente) per proteggere l’educando innamorato. Con l’avvertenza di preoccuparsi sempre (attraverso la squadra degli altri educatori) degli effetti della frustrazione di un desiderio e di un sentimento non contraccambiato.

Mai bisogna rinunciare a puntare sulla bellezza e sulla bontà di un sentimento positivo provato, che aiuta nel crescere, nel conoscere meglio se stessi, nel sentirsi vitali e capaci di vivere la tensione verso l’altro come il motore della scoperta di sensazioni ed affetti che caratterizzano noi stessi e ci rendono unici.

Nel trattare la “sofferenza” di una reciprocità che viene a mancare, consiglio di puntare sul senso di vitale bellezza di un sentimento, vissuto nella consapevolezza che l’amare può nascere dalla gratitudine che si sviluppa quando il caregiver si pone  in attenta e premurosa accoglienza, ma che si fonda anche sulla sensazione di completezza che chi quotidianamente si fa interprete dei bisogni e dei desideri può rappresentare per chi da questi dipende.
Niente paura, quindi. Dichiariamo con onestà e tranquillità che l’amore che mettiamo in campo è una “dote” speciale ed “unica” per l’educando, con uno spazio sicuro, ma non esclusivo, in cui la relazione sarà governata dal “bene” reciproco e dal rispetto. Il “sesso”, ha una funzione specifica che non si accorda esclusivamente con l’amore: in un caso può essere “gioco” con delle regole chiare che escludono sempre e sicuramente il coinvolgimento tra figure di riferimento educativo e i soggetti educati; nell’altro è possibile solo in un rapporto paritetico e chiaramente di interdipendenza di sentimenti.

Punteggiature da farsi…per rendere intellegibile il discorso educativo.
Per vivere l’esperienza dell’amare nel “fare storia insieme”.

9 Risposte a “Punteggiature e discorsi: quando l’educando si innamora dell’educatore – 2”

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