Efficacia ed efficienza nell’azione educativa

Nella gestione dell’attività educativa a favore degli adulti è necessario che il professionista si doti di strumenti efficaci ed efficienti per la definizione dei percorsi da intraprendere.

La programmazione degli interventi e la finalizzazione degli stessi devono essere accuratamente predisposti: questo per una precisa ragione di trasparenza delle attività e della loro valutazione. Consideriamo che il percorso educativo è sostanzialmente legato ad una trasformazione, un cambiamento capace di generare condizioni migliorative della vita di una persona. Una sorta di passaggio da uno stato meno soddisfacente ad uno che risponda alle aspettative del soggetto o  ad un processo di sviluppo e crescita. Questi due elementi non sono evidentemente sempre compresenti e il secondo supera in importanza il primo (che pure è un forte motivatore all’agire personale). Certificare una transizione è tuttavia condizione necessaria per poter ragionare in termini di efficacia dell’intervento, poichè non sono infrequenti cambiamenti “zero” (cfr. “Change”P. Watzlawick, J.H. Weakland, R. Fisch – Brief Therapy Center di Palo Alto) in cui la “persistenza” maschera il “cambiamento” : plus ça change, plus c’est la même chose rende “invariante” il risultato dello sforzo. Se quindi il cambiamento deve essere “reso certo”, occorre disporre anzitutto di una chiara fotografia di partenza e di un altrettanto evidente punto di arrivo.

Non basta; occorre non solo che ci sia una “transizione”, ma che questa si possa mettere in correlazione con il percorso educativo effettuato. La progettazione è quindi elemento imprenscindibile per poter generare un senso all’azione e sperare di ottenere i risultati attesi. La chiarezza di obiettivi è pre-condizione di successo; questi vanno identificati e conconcordati (laddove possibile) con il cliente stesso, in modo da motivare alla partecipazione del soggetto e da generare fiducia nella possibilità di un’evoluzione positiva e ricca di sè. Gli obiettivi sono quindi la parte fondamentale della progettazione e vanno “calibrati” sul possibile e non sul semplicemente desiderabile, oltre ovviamente a garantire una intrinseca congruenza coerenza.
Con la prima intendo che gli obiettivi devono essere ancorati alla situazione e ad un’effettiva possibilità di sviluppo personale: devono essere cioè appropriati al soggetto, ai suoi bisogni, alle sue abilità, ma anche alle risorse offerte dal contesto e all’ambiente che caratterizza il setting. La seconda si riferisce al sorvegliare le contradditorietà tra i percorsi e le fasi del progetto rispetto agli obiettivi che questo si pone.
Gli obiettivi dirigono quindi il processo di un cambiamento positivo per il soggetto.

Evidenziata una “correlazione” tra azioni e risultato ottenuto, il percorso dovrà essere valutato anzitutto in base ad un criterio di efficacia. Intendo con questo se le azioni intraprese siano state in grado o meno di raggiungere gli obiettivi prefissati. Perchè il percorso non sia “accidentale”, deve essere stato descritto all’inizio e progettato con cura (pensato e reso coerente nei suoi steps). Solo così si può valutare se la trasformazione è dovuta a quel particolare percorso educativo, che si possa quindi dire incisivo.

Ma l’efficacia non ci dice come le risorse sono impiegate. Il termine di efficienza ci aiuta a valutare come le diverse risorse sono impiegate, evidenziando se i processi sono o meno ottimizzati e capaci di generare il cambiamento con i costi minori e il maggior risparmio di energie. Il concetto di efficienza ruota attorno alle valutazioni dei tempi e del lavoro, delle risorse e dei percorsi implementati nel progetto.
L’efficienza è quindi un importante indicatore, che riassumendo in sè il successo del percorso (per cui se efficiente è certamente efficace) ci fa interrogare rispetto all’investimento fatto.

Prendendo a prestito dal linguaggio finanziario il R.O.I. (return on investment), sarebbe da valutare il “ritorno” sull’investimento educativo fatto, calcolando la convenienza del percorso sul miglioramento della qualità della vita del soggetto. Questo significa che l’impatto dello sforzo progettuale deve garantire un cambiamento significativo nel potenziamento delle qualità e dell’esistenza dell’individuo: ciò significa che il miglioramento delle performances soggettive deve essere davvero commisurato allo sforzo e “incisivo” sulla qualità di vita.

Esemplifichiamo: una persona analfabeta che lavora in una cucina ha necessità di poter distinguere tra due barattoli uguali contenenti zucchero e sale. Nell’impossibilità di assaggiare continuamente il prodotto, si ingegnerà a riconoscere e differenziale il barattolo corretto con stratagemmi posizionali (sale a dx- zucchero a sx) o con marcature diverse degli stessi: la strategia adottata sarà sufficiente per eseguire il lavoro richiesto in modo efficiente. Non serve infatti che sappia riconoscere e leggere l’etichetta del barattolo. Tuttavia se il soggetto deve trovarsi a scegliere in cucine differenti il contenitore corretto avrà due possibilità: 1. imparare a leggere; 2. identificare peculiarità che differenziano e rendano predittivo un segnale (ad es., il barattolo con una scritta corta conterrà il sale, con scritta lunga lo zucchero). Insegnare questa strategia rende il ROI positivo, oltre a garantire una elevata probabilità di compiere il compito in maniera corretta.
Bisogna quindi commisurare lo sforzo all’obiettivo, cercando l’efficienza per abbattere i costi superflui e per commisurare le azioni, “personalizzando” i progetti sulle esigenze e le caratteristiche del soggetto. Questo deve essere un preciso impegno dell’educatore, perchè i percorsi di qualità passano attraverso l’esercizio dell’ottimizzazione delle proprie azioni.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.